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Tema sull'Eutanasia e Sperimentazioni Genetiche

Temi Svolti: Eutanasia e manipolazioni genetiche pongono problemi di coscienza non solo a medici e scienziati, ma a tutti noi.

  1. Definizione di eutanasia.
  2. Problemi giuridici, medici, umani, legati al fenomeno dell'eutanasia.
  3. I progressi della genetica.
  4. I rischi delle manipolazioni genetiche.
  5. I diritti biologici dell'individuo.
  6. Il valore assoluto della persona umana.

La parola “eutanasia” proviene dalle parole greche “eu” (= bene) e “thanatos” (= morte): significa quindi “buona parte” o “morte senza dolore”. L’eutanasia e i recenti progressi della scienza genetica hanno stimolato appassionanti dibattiti, oggetto di notevole interesse sotto il profilo etico, medico-deontologico e giuridico.
Per quanto riguarda l’eutanasia e le sue modalità di esecuzione, si è soliti distinguerla in “eutanasia attiva” e in “eutanasia passiva”. La prima consiste nell'impiego di particolari farmaci e mezzi terapeutici alla scopo di accelerare la fine del malato inguaribile ormai nella fase terminale della sua malattia; la seconda consiste invece nell'astenersi da qualsiasi azione idonea a prolungare la vita del paziente, per evitargli ulteriori inutili sofferenze. Inoltre, per quanto concerne la presenza o meno del consenso dell’ammalato, si è soliti parlare di “eutanasia volontaria” o, viceversa, di “eutanasia involontaria”.
Condizione comune delle forme di eutanasia di cui si parlato è l’esistenza di una grave e penosa malattia nella sua fase terminale. Tuttavia è sempre più difficile interpretare tali concetti adeguatamente, in quanto i rapidissimi progressi della medicina consentono di intervenire sulla vita umana, controllandone sempre più efficacemente il momento iniziale e prolungando quella terminale mediante tecniche sempre più sofisticate di rianimazione. E’ tuttora aperta la questione se la vita si esaurisca nel persistere di un certo numero minimo di funzioni vitali o se, viceversa, sia necessaria la presenza di una coscienza spirituale.
Secondo la scienza medica, la fase finale della malattia si evidenzia quando la vita manchi di coscienza e le conoscenze mediche del momento escludano la possibilità o anche solo la speranza di restituire al malato una forma di vita normale. La fase terminale suddetta si presenta quindi come una condizione patologica assolutamente incurabile, causata da malattia cui consegue la morte, che può essere solo ritardata, ricorrendo a terapie di sostentamento vitale, ma mai scongiurata.

2) Si presenta a questo punto il problema, impegnativo per la coscienza del medico, del giurista, e in genere per la coscienza umana in quanto tale, se mantenere o meno in vita, ma in una vita spesso puramente vegetativa, un ammalato: da una parte, la sofferenza dovuta alla malattia, ormai irreversibile, può suscitare l’impressione di ledere la dignità della persona umana; dall'altra parte, il dovere medico ed umano è quello di assistere e curare per evitare la morte.
D'altronde il codice di deontologia medica ribadisce tale dovere del medico, affermando che egli deve continuare ad assistere il malato ritenuto inguaribile, anche al solo scopo di lenirne le sofferenze fisiche e psichiche, di aiutarlo e confortarlo, con divieto di abbreviare la vita dell’ammalato.
La nostra legislazione non prevede assolutamente la possibilità dell’eutanasia, anzi l’atteggiamento del nostro legislatore è evidentemente orientato alla tutela della vita umana, anche nelle condizioni penose della malattia grave ed irreversibile.
Tuttavia alcuni obiettano che sarebbe necessario modificare tale normativa per scopi umanitari, vale a dire per evitare inutili e terribili sofferenze in una situazione gravemente patologica di non ritorno. In Olanda e negli U.S.A. il dibattito è aperto e, inoltre, sono stati introdotti dei meccanismi giuridici che consentono, sia pure in determinate condizioni e con procedure particolari, la pratica dell’eutanasia.

3) Per quanto riguarda le ricerche nel campo della genetica, queste hanno consentito di raggiungere utili risultati nella lotta alla sterilità coniugale, ma la possibilità di intervenire in modo sempre più ampio sull'embrione umano ha aperto il campo a possibilità di manipolazione genetica, di selezione della riproduzione umana, di predeterminazione di sesso e tipologie caratteriali, di sfondamento perfino delle barriere biologiche che impediscono in età avanzata di avere figli. Molte di queste scoperte, lungi dall'esaltare  lasciano invece perplessi, dato che è evidentemente distorcono equilibri naturali interni alla stessa specie umana e consentono situazioni psicologicamente ed eticamente ambigue.

4) Si può correre infatti il rischio, in un futuro chissà poi quanto lontano, di scindere la società in persone sane, da una parte, e persone malate, dall'altra  e di determinare, sulla base delle informazioni biologiche, chi sarà escluso da certi vantaggi sociali e chi, invece, potrà fruirne. Già varie equipe di medici e biologi sono riuscite a diagnosticare la presenza di eventuali malattie genetiche, già solo pochi giorni dopo il concepimento, su un embrione ancora di pochissime cellule; così come, ormai da alcuni anni, si è in grado di conservare per molto tempo, teoricamente per molti anni, embrioni umani congelati, magari facendoli sopravvivere alla scomparsa dei rispettivi genitori. E’ evidente che l’intervento sugli embrioni umani, se si svilupperà (e non c’è motivo di credere che ciò non avvenga), permetterà alle tecniche diagnostiche di aprire il passo a quelle terapeutiche.
La possibilità di una diagnosi così precoce significa infatti la possibilità di individuare una predisposizione alle malattie generiche in uno stadio in cui la vita è poco più di un agglomerato di cellule. In questo modo, l’uomo, e non lo scienziato ma semplicemente il medico, può definire con decisione crescente il profilo genetico di una persona.
Possiamo pensare che tutto questo non si svilupperà fino a quelle estreme conseguenze che prima sono state paventate?
Difficile pensarlo, tant'è che i legislatori francesi, di gran lunga più attenti a queste tematiche in Europa, si sono preoccupati di stilare le prime norme che definiscono i diritti del corpo umano, visto come corpo biologico non più solo come soggetto politico, cellule e non solo pensiero.
Certamente il pericolo è grande ed investe la possibilità di aprire per la prima volta una grandissima strada all'eugenetica, capace di realizzare anche sull'uomo quando da sempre praticato da giardinieri e allevatori di animali per selezionare i migliori.
Tuttavia si deve trovare il rimedio al rischio di eugenetica più nella politica, nella società civile, nella morale e nel diritto, che nelle mani degli scienziati .
Il pericolo è che un embrione di pochi giorni non potrò mai, ovviamente, suscitare le stesse emozioni di un essere già formato. L’eugenetica rischia purtroppo di avere a che fare molto con il mondo del profitto.
Una persona che ha nei cromosomi una fragilità relativa ad alcune malattie, costerà molto allo Stato o alla sua azienda, quindi nel futuro si rischierebbe di veder discriminare i più deboli. In questo scenario futuribile, resta la domanda rivolta ai ricercatori: che cosa fare? Interrompere le ricerche? Impedire che altri le facciano? Chiunque conosca il mondo della scienza sa bene che queste domande possono avere soltanto risposte negative: non si può fermare la conoscenza e non si può impedire che altri facciano ciò che la coscienza ci nega di fare. I ricercatori possono solo segnalare, assumere una posizione moralmente impegnativa, ma questo è tutto, in quanto non è in loro potere fare di più.

5) Allora la parola passa necessariamente alla politica. D'altronde siamo in presenza di una espansione dei nuovi diritti; basti notare che in leggi recenti, sentenze, documenti internazionali, si individuano nuovi diritti: diritto di procreare, diritti di un patrimonio genetico non manipolato, diritto ad una famiglia con due genitori ( di sesso diverso), diritto di conoscere la propria origine (biologica), diritto di non sapere (ad esempio le informazioni che precocemente annunciano un destino tragico), diritto alla malattia (nel senso di non essere discriminato specialmente per malformazioni o predisposizioni genetiche), diritto di morire, diritto di morire con dignità.
E’ questa una delle nuove frontiere della politica, non della scienza. La scienza e gli scienziati possono solo spostare in avanti o indietro la realtà dell’applicazione di questi diritti, ma mai determinarli.

6) Nel parlare di eutanasia e genetica, non si può prescindere dal valore assoluto della persona umana: questa non è mai strumento per altri fini, né oggetto di arbitrari interventi manipolatori.
Lo scienziato che compie in libertà le sue ricerche, il politico che fissa le condizioni di tale libertà, il giurista che valuta la fruizione di tale libertà, devono tutti fondare la loro opera su solidi principi morali che, indipendentemente dall'osservanza di una possibile confessione religiosa, affermino la centralità dell’uomo e la sua dignità.
E’ auspicabile che anche nella nostra legislazione venga introdotta una qualche possibilità di liberare da un’agonia irreversibile e penosa esseri umani inutilmente condannati a soffrire, ma questo non deve essere un fenomeno generalizzato e deve in ogni modo tutelare la dignità dell’uomo.
Analogamente devono proseguire le ricerche scientifiche in genetica e nella lotta alla sterilità coniugale, ma questo non deve significare libertà di violare le norme della naturale che garantiscono gli equilibri della nostra specie e che consentono all'individuo condizioni di normalità affettiva e psicologica.



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